sabato 19 agosto 2017

Lavoro 2025 - Saggio a cura di Domenico De Masi


Con Ferragosto ormai alle spalle lo sguardo, lentamente ma inesorabilmente, inizia a volgersi verso la ripresa post vacanziera. Fra non molto sarà anche tempo di conoscere le iniziative che Circolarmente ha inserito nel Programma 2017/2018. Come sempre saranno affrontati temi nuovi, tesi ad arricchire il bagaglio di argomenti del nostro comune viaggio di conoscenza ed approfondimento culturale, e come sempre questo avverrà mantenendo un collegamento di fondo con quanto finora già esplorato e discusso. Con questo spirito abbiamo ritenuto utile presentare qui in Agorà alcune tabelle che illustrano interessanti dati riferiti a tematiche in particolare al centro dello scorso Programma 2016/2017, ma già presenti in Programmi precedenti. Sono tutte tratte da un interessante saggio: “Lavoro 2025. Il futuro dell’occupazione (e della disoccupazione)” a cura del sociologo Domenico De Masi. Si tratta di un ponderoso studio che raccoglie le opinioni di numerosi esperti che, partendo da competenze diverse e multi disciplinari, analizzano il presente ed immaginano il futuro a breve per quanto concerne il mondo del lavoro, in Italia, in Europa, nel mondo. Se le opinioni di questi studiosi alcune volte convergono, su molti temi divergono, anche di molto, a dimostrazione della complessità oggettiva del tema. Impossibile darne una sintesi ancor che di massima (le tesi conclusive sono articolate su 1.025 previsioni molto articolate) ma è sembrato utile ed interessante recuperare alcuni dei dati (tra quelli non eccessivamente specialistici) sui quali sono basate queste previsioni:

1)- Il lavoro in Italia




Il raffronto della situazione 2015 con quella del 2005, e la previsione di trend al 2025, della prima tabella confermano quanto illustrato dal Prof. Berta nella sua conferenza a chiusura del Programma 2016/2017 in merito al crescente peso del settore dei servizi (ex terziario) a scapito dei settori dell’agricoltura e dell’industria in costante discesa. Dato che viene illustrato in modo più analitico nella seconda tabella che monitora il trend del peso relativo di ogni specifico settore Un processo, in linea con la tendenza generale del mondo occidentale, che proseguirà seppure in modo graduale e con tempistiche che potranno essere condizionate da fattori di rallentamento piuttosto che di ulteriore accelerazione. Ad esempio il sorprendente dato della prevista ripresa del settore delle costruzioni (seppure non in grado di recuperare i livelli del 2005) è fortemente legato al ruolo degli investimenti pubblici nelle grandi opere, sempre soggetti a ripensamenti e dilazionamenti anche drastici. Allo stesso modo la previsione di crescita della popolazione non è certo basata sulle future nascite (in Italia il saldo fra nascite e morti è ormai negativo) bensì sull’ipotesi (basata sugli attuali trend) di flussi migratori in ingresso (regolarizzati) passibili anch’essi di restrizioni e chiusure. Il conforto comunque fornito dalla ripresa percentuale del numero di occupati sul totale della popolazione “attiva” è però guastato dal crescente peso degli “inattivi” sul totale della popolazione. A conferma che il trend demografico (da noi a suo tempo affrontato nelle conferenze della prof Mencarini e del prof. Molina) resta uno delle problematiche centrali per il nostro paese sia per la parte riferita alle nascite sia per quella sull’allungamento delle aspettative di vita (utile ricordare la piramide generazionale illustrata dal prof. Molina che rischia seriamente per il nostro paese di rovesciarsi con molti anziani alla base e pochi giovani alla sua cima).
Se è opinione condivisa la tendenza del mercato di lavoro, come conseguenza della globalizzazione, dell’automazione e dell’informatizzazione, verso un crescente innalzamento delle professionalità richieste per accedere ad occupazione (relativamente) stabili è però altrettanto vero che questo processo può non essere così accelerato e definito in tutti i suoi aspetti. Sembrano dimostrarli i dati raccolti nelle seguenti due tabelle che analizzano la situazione delle professioni negli USA. La situazione del mercato del lavoro americano ha ovviamente sue specifiche caratteristiche, ma da sempre traccia tendenze che, stante il peso, quantitativo e qualitativo, dell’economia statunitense, in buona parte si diffondono nel resto delle economie occidentali.

2 - Il lavoro negli USA



E’ opportuno tenere conto che questi dati sono riferiti al totale dei profili professionali presenti nel mercato del lavoro USA composto da ben 702 diverse occupazioni. Una previsione parallela a quella evidenziata nella tabella 4 ipotizza che al 2033 il 47% (quarantasette per cento!) di queste  sarà fortemente a rischio di sostituzione totale/parziale da parte di robot ed algoritmi (automatizzazione e informatizzazione).
Colpisce comunque il permanere di una situazione professionale non così sbilanciata verso i livelli più alti di formazione. Anche in questo caso vale quanto detto dal prof. Berta in merito allo spazio che continuerà ad esistere, con ricadute significative sugli specifici livelli occupazionali, per i cosiddetti “mestieri” e per le produzioni (di qualità) artigianali ed agricole, attività solo in parte legate ai percorsi ed ai livelli di studio.
Non emerge direttamente dalla tabella ma è dato in buona parte scontato che i mestieri più umili, ma non per questo, come si evince, meno importanti in termini di numeri occupazionali, sono quasi esclusivamente affidati a lavoratori di recente (se non clandestina) immigrazione. Una considerazione che dovrebbe indurre a valutare il fenomeno migratorio, per quanto complesso ed impattante, da più angolazioni.
La successiva tabella fornisce dati molto significativi sulle dimensioni e dinamiche globali di questo fenomeno, che e stato discusso, in merito a sue molteplici ricadute, nel corso di diverse nostre conferenza e seminari


3)- Flussi migratori nel mondo



Siamo indubitabilmente di fronte a numeri impressionanti tali da giustificare ampiamente la definizione di “evento epocale” e tali da rendere molto complicata e controversa la loro gestione. Le esperienze quotidiane dimostrano quanto poco pesino i dati oggettivi nel modo diffuso di “vivere” quella che alcuni definiscono “invasione” .Anche nel nostro paese il dibattito è troppo orientato, in modo spesso strumentale, ad enfatizzare aspetti che, al di là della oggettiva valenza, accentuano atteggiamenti ed opinioni emotivi e istintivi. Inquadrare lo specifico italiano in questo contesto globale che evidenzia flussi in entrata/uscita non così sbilanciati in un solo senso, e su una sola area, sarebbe operazione razionale quanto mai necessaria. Ma difficilmente vincente su paure, diffidenze, strumentalizzazioni, se lasciata a sé senza accompagnarla con politiche adeguate di gestione e di governo del problema.

martedì 1 agosto 2017

La parola del mese - AGOSTO 2017


La parola del mese

 A turno si propone una parola, evocativa di pensieri collegabili ed in grado di aprirsi verso nuove riflessioni

AGOSTO 2017





IMPERMANENZA



Termine composto da “in”, prefisso con valenza negativa, e “permanenza”, sostantivo derivato dal verbo "permanere", a sua volta derivato dall'omonimo verbo latino  composto da “per”, prefisso intensivo, e “manere”, ossia restare. Il significato di impermanenza è quindi: instabilità, provvisorietà, precarietà

Si tratta di un concetto filosofico cardinale, che troviamo soprattutto legato alle filosofie orientali, in particolare al buddismo - anche se non mancano addentellati nella filosofia occidentale, specie precristiana.